venerdì 17 luglio 2015

Tredicesima tappa: Tobia

Questo libro mi è piaciuto molto, per cui cercherò di non soffermarmi troppo sulla trama, in modo da non rovinarvi un'eventuale lettura. Compreso nel novero dei libri storici, in realtà di storiografico ha bene poco: nomi, tempi e luoghi sono tutti un po' confusi. Il racconto, però, ha il sapore de Le mille e una notte e scorre piacevole e trascinante. In estrema sintesi sono le vicende di Tobi e del figlio Tobia, che si intrecciano con quelle di Raguele e della figlia Sara (posseduta da un demone ammazza mariti), grazie all'arcangelo Raffaele in incognito. Il libro è permeato di speranza perché, nonostante le molte avversità, i personaggi restano fedeli al loro credo e la presenza delicata del Signore, che cammina al loro fianco, li corona della meritata felicità.
Nella narrazione si passa da parti emozionanti e commoventi ad altre ironiche: a volte è così coinvolgente che ci si trova quasi a pregare insieme al personaggio di turno (Tobi in 3,1-6; Sara in 3,11-16; Tobia e Sara in 8,5-8; Raguele e Edna in 8,15-17; ancora Tobi in 11,14 e tutto il suo cantico di lode al capitolo 13, un pezzo di alta poesia). Un altro dei punti di forza è che costoro non sono dei supereroi, ma delle persone normali con i loro dubbi e i loro difetti i quali, pur non capendo quello che succede loro, continuano a fidarsi del progetto che Dio ha su di essi.
Il viaggio di Tobia è una metafora della vita umana e il messaggio che mi piace di più è questo: la religiosità da sola non basta, la salvezza è un dono gratuito.
Martin Lutero descrisse l'opera con queste parole: «Se si tratta di storia, è storia sacra; se si tratta di poesia, è un poema davvero bello, salutare e proficuo, opera di un poeta geniale, commedia fine e amabile».

1 commento:

mOKa ha detto...

Mi hai fatto venire voglia di leggerlo.