Oggi mi reco in ufficio per l'ultima volta. Siamo sempre in attesa del file da usare nel test e nel frattempo comincio a sviluppare le analisi fatte dalla Anna per la Svizzera. Le Tatiane riescono a mettere le mani sui documenti cartacei che contengono tutte le informazioni necessarie per creare a mano il file tanto atteso. Con un attacco brute force si mettono a lavorare a testa bassa.
A pranzo Silvia decide di mangiare uno yogurt, così io vado da solo nel solito locale (Le pain quotidien). "Chi mangia solo muore solo" dice mio nonno, però il locale è frequentato per cui mi sento tranquillo. La cameriera di ieri c'è anche oggi, ma fa di tutto per evitare un cliente not russian speaking come me e così mi serve un'altra ragazza. Mi porge il menu del giorno ed è buffo che in fondo ci sia scritto di controllare la lavagna per le specialità del cuoco, visto che tracciati con il gesso ci sono solo caratteri cirillici. Scelgo Filled Baguette e Rocket Salad (rucola, Brie, Fôurme D’Ambert e Gruyère), accompagnate dalla mitica birra bianca belga e da un prelibato dolcetto al cocco. Pur sapendo che non capisco il russo, la cameriera mi parla ogni volta che passa: non so se mi prenda in giro o voglia essere accogliente. Curiosamente il pranzo costa meno della colazione.
Nel pomeriggio riusciamo a fare l'ultimo test e si evidenziano due problemi, entrambi dipendenti da errori del broker russo e non dai miei programmi. In uno slancio di ottimismo Tatiana sentenzia che entro sera sarebbero arrivati anche i dati della spedizione successiva e così ci prepariamo ad una lunga permanenza. Silvia passa un'ora e mezza borbottando ma alle 20 le russe decidono che si può aspettare anche lunedì per questa elaborazione, dunque possiamo lanciarci verso l'ultima serata moscovita, non prima che Silvia esprima quel che pensa dell'inutile attesa protrattasi fino a quel momento.
Con la metro ci rechiamo in via Arbat, un lungo viale pedonale ricco di locali e negozi. Purtroppo i venditori chiudono alle 22 e ci restano solo 20 minuti per gli acquisti. Bastano.
Stasera la temperatura è più bassa e si sente, la neve cade copiosa. Arriviamo quasi alla fine del viale e le speranze di Silvia di trovare il ristorante consigliatole sono ormai poche. Consultiamo per l'ennesima volta la cartina e, indicando con il pollice dietro di me, dico: "Secondo me è di là". Ci voltiamo e rimaniamo sbalorditi: c'è un veliero incastrato in un palazzo! Guardiamo meglio ed è proprio il locale che cerchiamo: non sapevamo fosse così, ma deve per forza essere lui. Entriamo contenti come bambini e sembra di essere in un parco dei divertimenti. Una cascata sgorga su un lato dell'ambiente e il corso d'acqua termina poi in un laghetto. Il nostro tavolo è oltre un ponticello e domina su quella zona del locale. Vicino c'è la pala di un mulino, più in là una pergola e un molo. In fondo ci sono le segrete e la locanda. Ordino un Pirate Kebab (spiedini di pesce con verdure grigliate) e patate al forno. Dopo cena completiamo la visita del locale, trovando una zona che riprende l'ambientazione del veliero con scafi, vele, strumenti e una luce più intensa.
Si conclude dunque con il botto l'ultima serata in città, consci di aver cenato nel più bel ristorante di Mosca.
A pranzo Silvia decide di mangiare uno yogurt, così io vado da solo nel solito locale (Le pain quotidien). "Chi mangia solo muore solo" dice mio nonno, però il locale è frequentato per cui mi sento tranquillo. La cameriera di ieri c'è anche oggi, ma fa di tutto per evitare un cliente not russian speaking come me e così mi serve un'altra ragazza. Mi porge il menu del giorno ed è buffo che in fondo ci sia scritto di controllare la lavagna per le specialità del cuoco, visto che tracciati con il gesso ci sono solo caratteri cirillici. Scelgo Filled Baguette e Rocket Salad (rucola, Brie, Fôurme D’Ambert e Gruyère), accompagnate dalla mitica birra bianca belga e da un prelibato dolcetto al cocco. Pur sapendo che non capisco il russo, la cameriera mi parla ogni volta che passa: non so se mi prenda in giro o voglia essere accogliente. Curiosamente il pranzo costa meno della colazione.
Nel pomeriggio riusciamo a fare l'ultimo test e si evidenziano due problemi, entrambi dipendenti da errori del broker russo e non dai miei programmi. In uno slancio di ottimismo Tatiana sentenzia che entro sera sarebbero arrivati anche i dati della spedizione successiva e così ci prepariamo ad una lunga permanenza. Silvia passa un'ora e mezza borbottando ma alle 20 le russe decidono che si può aspettare anche lunedì per questa elaborazione, dunque possiamo lanciarci verso l'ultima serata moscovita, non prima che Silvia esprima quel che pensa dell'inutile attesa protrattasi fino a quel momento.
Con la metro ci rechiamo in via Arbat, un lungo viale pedonale ricco di locali e negozi. Purtroppo i venditori chiudono alle 22 e ci restano solo 20 minuti per gli acquisti. Bastano.
Stasera la temperatura è più bassa e si sente, la neve cade copiosa. Arriviamo quasi alla fine del viale e le speranze di Silvia di trovare il ristorante consigliatole sono ormai poche. Consultiamo per l'ennesima volta la cartina e, indicando con il pollice dietro di me, dico: "Secondo me è di là". Ci voltiamo e rimaniamo sbalorditi: c'è un veliero incastrato in un palazzo! Guardiamo meglio ed è proprio il locale che cerchiamo: non sapevamo fosse così, ma deve per forza essere lui. Entriamo contenti come bambini e sembra di essere in un parco dei divertimenti. Una cascata sgorga su un lato dell'ambiente e il corso d'acqua termina poi in un laghetto. Il nostro tavolo è oltre un ponticello e domina su quella zona del locale. Vicino c'è la pala di un mulino, più in là una pergola e un molo. In fondo ci sono le segrete e la locanda. Ordino un Pirate Kebab (spiedini di pesce con verdure grigliate) e patate al forno. Dopo cena completiamo la visita del locale, trovando una zona che riprende l'ambientazione del veliero con scafi, vele, strumenti e una luce più intensa.
Si conclude dunque con il botto l'ultima serata in città, consci di aver cenato nel più bel ristorante di Mosca.
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