Celtival 2

E vidi una sorta di castello, o meglio un'accozzaglia di case, una sopra l'altra a mimar piramide. La più grande faceva da base e le altre si ergevano da una parte o l'altra del tetto, sbilenche e contorte, senza dar segno di alcuna instabilità. A ben guardare, si notava che ogni porta, era una bocca, ogni finestra, un occhio e, tra lo spazio lasciato libero dai due, sfacciato prorompeva un nasone grosso e bitorzoluto, degno del più brutto orco in circolazione.

Di occhi, di nasi e di bocche, quella strana costruzione ne aveva a bizzeffe!

Mi addolorò che tale meraviglia non avesse ancora avuto l'onore di farsi mirare e ammirare dipinta di sgargianti colori: le pareti argillose avevano un triste, e sinistro, pallore.

"Su questo castello scriverò una storia!" pensai, "Sarà un degno personaggio di un'avventura della mia fantasia!"

Fu così, che oltrepassata la bancarella delle strane lampade di terra cotta, mi diressi verso quella dei taccuini: da qualche parte dovevo pur cominciare!

A breve affidai alla mia sacca un delizioso taccuino di pelle marrone, odoroso di cuio e di nuovo, anzi di antico. Un filo di lana arancione era e sarà il custode adibito a celare ogni parola da occhi curiosi. Mite e un po' rude, avvolge gentile la morbida copertina al cui interno riposano pagine bianche in smaniosa attesa di perdere il proprio candore.

Così me ne tornai a casa felice, con un seme di fiaba in testa e un taccuino fremente d'accogliere, e accudire, il fiore che presto sboccerà.